Il paesaggio, inteso come un «luogo della mente, un modo di pensare il reale», nella sua rinuncia a qualsiasi pretesa di totalizzazione e sintesi dall'alto, è una maniera di «pensare lo spazio» come insieme di relazioni e interazioni mai stabilmente definibili, mai univocamente afferabili.
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In quanto costruzione percettiva e culturale della realtà, in una continua oscillazione fra estetica e scienza, il paesaggio è l'espressione di una visione del mondo che è sempre erranza e spaesamento, esperienza della prossimità delle cose piuttosto che distanziamento, accoglimento dell'alterila, manifestazione di un'assenza. Gli esperimenti architettonici nati con l'Era dell'Informazione sembrano sottolineare questa apertura senza fine, e i «territori della complessità» esaltano la loro nuova a-derenza a una realtà in evoluzione. È in quest'ambito che si collocano i nuovi paesaggi o, meglio, i nuovi scapes informatici che, al di là di ogni singola declinazione tematica, propongono una «veduta - visione d'insieme» nonché la «creazione» di una realtà che essi in-formano/de-formano/trans-formano in un processo di continua riscrittura. Il dinamismo prevale sulla staticità, la metamorfosi sulla stabilità, la relazione dialogica con l'osservatore e l'ambiente , rivelando un mondo di relazioni e comunicazioni multiple in cui tutto è connesso, flessibile e modificabile oltre ogni configurazione determinata.