L'incarico per il padiglione spagnolo alla IX Triennale di Milano nel 1951 è l'occasione per l'architetto catalano José Antonio Coderch (1913-1984) di uscire dalla situazione di isolamento culturale in cui versa la Spagna nel dopoguerra e stabilire contatti con personaggi importanti dell'architettura europea.
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Coderch appartiene alla generazione che è uscita dalla seconda guerra mondiale con qualche certezza in meno, che si è formata al la scuola dei maestri del Movimento Moderno, ma ne ha superato i dogmatismi fondando il proprio lavoro su un atteggiamento sperimentale, una personale visione esistenzialista e sull'identificazione tra architettura e vita quotidiana. La ricerca sull'abitazione negli anni Cinquanta-Settanta presenta interessanti analogie con immagini della biologia cellulare. Le piante delle case unifamiliari appaiono come organismi derivati dal montaggio di cellule-stanza, con un processo aggregativo che porta a forme sempre più complesse, che si misurano con la situazione urbana e con programmi funzionali alternativi alla residenza. L'involucro esterno di questi organismi entra in relazione con la luce solare diversificandone i modi di protezione o captazione, nel controllo della qualità ambientale interna all'abitazione. La sensibilità nel far reagire alla luce materiali tradizionali impiegati in tessiture di nuova concezione rimanda al la passione di Coderch per la fotografia.