Nicola di Autrecourt è sicuramente uno dei più interessanti e geniali filosofi dell'Età di mezzo. Egli fu colpito in vita da una 'damnatio memoriae' che censurò e tolse quasi completamente dalla circolazione i suoi scritti.
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Ma nel Tractatus, che ci è giunto fortunosamente, in un unico manoscritto, e per di più mutilo, egli continua a presentarsi a noi così come si era presentato ai suoi contemporanei: come il filosofo 'amico della verità' piuttosto che rispettoso della autorità. Certamente le sue posizioni non nascono dal nulla, ma si inseriscono in un dibattito intellettuale caratteristico dei primi decenni del '300, relativo a quali siano i fondamenti non questionabili di ogni verità proposizionale. Nicola affronta però il problema in modo del tutto originale, non arretrando davanti alle conseguenze che derivano dagli assiomi da lui ritenuti indubitabili e che si rivelano distruttive dei luoghi comuni della filosofia universitaria del suo tempo. L'argomentare del Tractatus è particolarmente complesso e richiede da parte del lettore una concentrazione costante: la traduzione di Antonella Musu cerca con successo di renderlo accessibile ad un lettore moderno, senza tradirne la struttura di base ma con tutte quelle modifiche stilistiche che l'uso corrente della lingua italiana rende indispensabili.
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PAVU1@Università Pavia. Biblioteca di Studi Umanistici