Nelle viscere della Terra scorre una linfa scura, e le Grandi Potenze ne hanno un bisogno disperato. Se alleviare la Grande Sete è l'obiettivo primario, i confini degli stati sovrani cessano di essere inviolabili. Il mondo si trasforma in una sterminata riserva di caccia all'oro nero.
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Nel febbraio 2003, mentre la Casa Bianca prepara l'attacco all'Iraq, due giornalisti e un fotografo partono per un viaggio nel Pianeta Petrolio, dal centro dell'impero (che consuma) alle tante periferie (che producono). La prima fermata è Midland, la cittadina del Texas dove è cresciuto George W. Bush. Poi sono in Asia, dove tra Azerbaigian, Georgia e Turchia seguono il cantiere del faraonico oleodotto del Caucaso e si spingono fino ai giacimenti russi sulle coste artiche. E ancora, il Golfo persico, l'Angola, le steppe dell'Asia centrale, le rive del Caspio. Quando giungono all'ultima tappa all'altro capo del mondo, l'Iraq, il cerchio si chiude: il paese di Saddam (seconda riserva mondiale di greggio) è occupato dalle truppe americane. In cinque mesi lo sterminato arcipelago degli idrocarburi è esplorato in lungo e in largo. Con le parole e l'obiettivo fotografico Enderlin, Michel e Woods hanno composto un atlante di paesaggi e volti che ne ritrae la volgarità e l'opulenza, lo sfarzo e lo squallore. Hanno raccontato il petrolio come nessuno ha mai fatto prima.