IL «DIVO GIULIO», PUR SENZA ESSERNE MAI STATO IL CAPO, se ne è ripetutamente servito nella costruzione del proprio sistema di potere: questa è la storia, sconosciuta ai più, del «Noto servizio», un apparato clandestino nato sul finire della Seconda Guerra Mondiale e sopravvissuto sino agli anni Ottanta.
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Il Noto servizio (detto anche «Anello») è presente in quasi tutti i tentativi eversivi della legalità repubblicana. Dal colpo di Stato di Junio Valerio Borghese alle principali vicende della Strategia della tensione, al caso Moro (di cui questa edizione, rivisitata e arricchita, offre una nuova lettura). Giannuli documenta la presenza puntuale del Noto servizio in tutti gli affari che, lungo un quarantennio, hanno riguardato il petrolio, le armi e la finanza. Nel tempo la centrale di intelligence ha cambiato spesso pelle e componenti, perché «nel mondo degli spioni nulla è per sempre». Due costanti fisse però ci sono: il rapporto con Con-findustria e i servizi segreti americani da una parte, il collegamento strettissimo con Giulio Andreotti dall’altra. Ad Andreotti e alla sua concezione della politica l’autore ha dedicato un nuovo capitolo del libro. Con una conclusione inedita: Silvio Berlusconi non è, come la vulgata vuole, l’erede di Bettino Craxi, con il quale in realtà si incrociò solo negli anni Ottanta. Il rapporto più duraturo e profondo per il leader di Forza Italia è stato proprio quello con l’enigmatico «zio Giulio».
Quel servizio non era mai stato istituito formalmente, era una cosa estremamente fluida, priva di organigrammi, bilanci e non aveva neppure un nome preciso.
Era il «Noto servizio»: una cosa conosciuta solo per allusioni.