Il lavoro sul campo è un'esperienza intensa che interroga il ruolo del ricercatore e lo statuto scientifico del sapere. Ciò che altre scienze possono dare per scontato per l'antropologia diviene problematico in ragione del maggior coinvolgimento esistenziale dell'etnografo.
[...]
L'iniziale utilizzo dei modelli delle scienze naturali, l'impiego dei metodi quantitativi, la pratica dell'osservazione partecipante non sono riusciti a risolvere l'incompatibilità originaria fra metodo e soggettività. Mossa da ciò che Foucault definisce un "perpetuo principio di inquietudine", l'antropologia dell'ultimo quarto del XX secolo ha utilizzato i contributi del pensiero filosofico e scientifico per ripensare i propri fondamenti e trasformare la soggettività in una risorsa. Ricostruendo i paradigmi metodologici attraverso i quali l'antropologia ha modellato il proprio sapere, il testo analizza criticamente la pratica etnografica, dagli esordi evoluzionistici e dalla rivoluzione etnografica di Malinowski fino alla svolta interpretativa e ai modelli dell'esperienza e dell'incorporazione. Gli autori discutono i contributi dell'etnografia al dialogo metodologico interdisciplinare, superando le contrapposizioni tra scienze "dure" e scienze "morbide" e configurando un'inedita unificazione dei saperi.
Lo trovi in
Scheda
PAVU1@Università Pavia. Biblioteca di Studi Umanistici