La complessa vicenda che portò alla firma ad Ankara il 28 febbraio 1953 del Patto balcanico da parte di Grecia, Turchia e Jugoslavia, seguita il 9 agosto 1954, a Bled, dalla firma della più impegnativa alleanza militare fra i tre Stati, segnò un momento particolare per la politica estera dell'Italia repubblicana, impegnata in quegli anni a consolidare il proprio ruolo nella Nato, nella costruzione europea e nel Mediterraneo orientale. Il senso della "strana" alleanza nei Balcani tra due Paesi da poco entrati nella Nato e la Jugoslavia di Tito riposava soprattutto sul ruolo di punta di quest'ultima, agli occhi di Washington, nell'ambito della strategia occidentale in funzione anti-sovietica. In Italia i vari governi guidati da De Gasperi, Pella e Scelba, e il mondo diplomatico rivelarono incertezze e atteggiamenti contrastanti nei confronti di questo ruolo e in occasione dei due trattati balcanici, in un momento di acuta tensione tra Roma e Belgrado a causa della questione di Trieste. Il volume approfondisce i motivi dell'atteggiamento del nostro Paese nei confronti del Patto balcanico. Interessanti sono in quest'ottica i tentativi italiani di influire su Atene e Ankara e le analisi politiche e strategiche sull'effettiva capacità difensiva del Patto, dalla frontiera orientale italiana alla Tracia e agli Stretti. Il Patto balcanico si esaurì già a partire dal 1955 con il venir meno dell'interesse dei governi protagonisti.