Tra il 1816 e il 1817, all'inizio della sua carriera poetica e nel pieno di un'intensa stagione di traduzioni in versi, Leopardi si dedica con entusiasmo al volgarizzamento dei testi appena scoperti da Angelo Mai: le opere di Frontone e alcune parti delle Antichità Romane di Dionigi di Alicarnasso.
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Rimaste inedite per volontà dello stesso autore, queste traduzioni sono state pressoché ignorate dagli studi. Eppure, come questo libro intende mostrare, l'incontro con i due scrittori antichi non solo costituisce un fondamentale tassello nel percorso intellettuale del primo Leopardi, ma lascia un segno notevole - a partire dallo Zibaldone - anche nella produzione futura, sul piano della riflessione estetica (l'imitazione e il rapporto antico/moderno), linguistica (la ricerca di una prosa italiana moderna) e morale (il confronto con lo stoicismo e la compassione).
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PAVU1@Università Pavia. Biblioteca di Studi Umanistici