Scrivere un buon manuale dipende da tanti fattori, che vanno al di là della preparazione degli autori nel loro ambito scientifico: più di tutto è necessaria un’omogeneità di approccio, sia nell’organizzare i contenuti sia nel presentarli in modo coerente.
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A differenza di quanto accade per altre aree delle neuroscienze cognitive, non esisteva nel settore neuropsicologico un’opera simile prima di questa, e per un motivo preciso: i vari gruppi di ricerca adottano approcci differenti. La neuropsicologia – originariamente sviluppatasi in campo clinico, dove ha trovato applicazione nella valutazione e nella riabilitazione dei deficit conseguenti al danno cerebrale – ha al tempo stesso fornito un contributo fondamentale alla conoscenza dell’organizzazione funzionale del cervello normale, e questo l’ha avvicinata sia alla neurofisiologia sia alla neuroanatomia. Inoltre, negli ultimi cinquant’anni, la neuropsicologia cognitiva ha prodotto un approccio alle funzioni cognitive sostanzialmente teorico, meno interessato al substrato anatomo-fisiologico. Per lavorare a un manuale era necessario quindi coinvolgere autori dagli approcci in qualche modo compatibili, perché membri di una stessa comunità scientifica sufficientemente ampia da coprire tutti gli aspetti della disciplina. La neuropsicologia italiana è storicamente la più adatta ad assolvere tale compito, perché mantiene un carattere trans-disciplinare, con solidi legami fra neurologi, psicologi e neurofisiologi. Giunto alla terza edizione, il "Manuale di neuropsicologia" si arricchisce di nuove sezioni su: neuropsicologia forense, sindromi particolari (sclerosi multipla, HIV, trauma cranico), sindromi da disconnessione e lateralizzazione emisferica, disturbi delle emozioni e della cognizione sociale, sindromi psichiatriche.
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PAVU1@Università Pavia. Biblioteca di Studi Umanistici