L'imperialismo è stato una forza decisiva non solo per la politica internazionale, ma anche per le economie e le culture del mondo. Concentrandosi sui punti di forza in termini di modernizzazione e sulle catastrofiche conseguenze del potere imperiale, Tony Ballantyne e Antoinette Burton ricostruiscono la creazione e la disintegrazione delle forme dell'ordine mondiale tra il 1870 e il 1945.
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Elevando gli imperi britannico, giapponese e ottomano a casi di studio esemplari, i due storici evidenziano quali furono i sistemi di comunicazione, trasporto ed economia alla base della costruzione e del funzionamento del sistema mondiale degli imperi. Sottolineano come tali realtà fossero «regimi di pianificazione territoriale» volti a organizzare lo spazio geografico in territori distinti. I funzionari coloniali cercavano di gestire le usanze e gli stili di vita delle popolazioni indigene attraverso i militari, i missionari, nei luoghi di lavoro e all'interno delle famiglie, dovendo comunque fare i conti con le consuetudini locali preesistenti. Senza dubbio, i legami imperiali contribuirono alla contrazione del tempo e dello spazio su scala mondiale, ma le invasioni coloniali provocarono anche un'opposizione, che spesso si manifestava nei luoghi dell'attività quotidiana, dai campi e le fabbriche alle scuole e le prigioni. I territori colonizzati dettero vita a una varietà di forme di resistenza organizzata, con veri e propri movimenti nazionalisti che esplosero sulla scena globale tra le due guerre mondiali. Ballantyne e Burton dimostrano che gli imperi non furono qualcosa prodotto nelle capitali europee e implementato «là fuori». Al contrario, i sistemi imperiali, con le loro molteplici implicazioni politiche, economiche, razziali e di genere, estesero le loro propaggini in tutte le loro parti, dalle metropoli europee all'ultimo sperduto avamposto.