Da molti anni Viviani è uno dei più significativi poeti italiani. Nella sua opera si sono alternate due istanze apparentemente contrastanti: la decostruzione dei valori e dei significati dati per acquisiti e la ricerca di una parola nuda, essenziale, concentrata in sentenze dal tono ieratico e sapienziale.
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La nuova raccolta di Viviani trova l'equilibrio tra queste due tensioni, tra l'assertività aforismatica e l'ambiguità luminosa della poesia, o del sogno. Tra enunciazione impersonale e autobiografia. Se questo libro è un punto di incrocio nello stile di Viviani, è perché qui vengono illuminati i passaggi definitivi dell'esistenza e le verità inesorabili dell'esperienza individuale. Gli stessi temi erano affrontati in Ora tocca all'imperfetto, ma in Dimenticato sul prato c'è un ulteriore passo, molto suggestivo: l'io e gli oggetti consueti sono trattati come ricordi che riaffiorano improvvisamente («sono tutti militi ignoti»), toccati da una forma di nostalgia per qualcosa che non si sa più bene cos'è. È come se il poeta fosse già da un'altra parte, ma con legami percettivi e affettivi difficili da sciogliere. In questo trascolorare delle cose, in questo mutamento di sensibilità, la stessa poesia è un «oggetto» da guardare con occhi diversi: non più una ricerca estetica, ma «il punto più profondo/oscuro», un anticipo e una guida per gli snodi e le metamorfosi decisive.
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PAVU1@Università Pavia. Biblioteca di Studi Umanistici