"Gli strumenti umani" (1965) e "Stella variabile" (1981), le due ultime raccolte di Vittorio Sereni, sviluppano una concezione esistenziale della poesia: scrivere significa entrare in relazione con il desiderio di andare a fondo della biografia e del tempo che si vivono, andare dietro di essi, per toccare qualche verità. Per Sereni ciò implica un lavoro sulla forma.
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Questo studio, facendo interagire diversi strumenti (linguistica del testo, narratologia, metrica), mira a indagare proprio il senso sereniano della forma: al centro dell'io plurimo confluiscono narrazione e lirica, discorso e ritmo, amalgamati con la dissimulazione saggia, quasi trasparente, della tradizione. Un'interpretazione della forma aperta, questa, che circola diffusamente e inavvertitamente nelle opere delle generazioni successive, fino a oggi.
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PAVU1@Università Pavia. Biblioteca di Studi Umanistici