Con Genti di Po e Ticino entriamo in un mondo ai suoi confini: quelli che separavano le forme di reddito tradizionali, agricolo o industriale, dal mondo “altro” delle professioni di piazza (tali sono i cantastorie o i giostrai) o di fiume: lavandaie, renaioli, navaroli, pescatori, cordari e persino cercatori d’oro.
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Era la vita grama eppure irrinunciabile delle popolazioni rivierasche, nel tempo raccontata a Giovanni Giovannetti dai protagonisti di allora. Storie che ora leggiamo in questo volume, un felice affresco di testimonianze orali, fotografie e dipinti sui vecchi mestieri legati alla piazza – i cantastorie pavesi, i giostrai di Tromello – e all’acqua: quelli primari (lavandaia, pescatore, renaiolo, navarolo), saltuari (la raccolta di sassi bianchi, la raccolta dell’erba lisca, la cerca dell’oro) e derivati, come la fabbricazione di scope con la saggina, l’impagliatura di sedie con erba lisca, la fabbricazione di cesti con rami di salice o di corde e abiti con le fibre di canapa. Il racconto di quando la vita e il lavoro delle genti di fiume erano interconnessi all’ambiente naturale che li circondava.