Concentrandosi sull'interazione dell'opera di Dante con il pensiero (e le turbolenze) politiche e religiose del Rinascimento europeo, e considerando pubblicazioni provenienti da Italia, Francia, Svizzera, Germania, Inghilterra, il volume mostra come l'opera di Dante sia stata diffusa, tradotta, interpretata e rifunzionalizzata, ma anche sottoposta a manipolazioni nel periodo di fondazione del mondo politico moderno. Se alla fine del XV secolo, in un momento in cui Dante era già ben noto, la stampa aveva valorizzato erroneamente il poeta come traduttore dei sette salmi penitenziali e autore di un Credo, pubblicati con successo e con varie ristampe, appare evidente che di quest'autore si potesse varare ciò che meglio rispondeva alle richieste del mercato editoriale e agli interessi dei lettori. Non è un caso, quindi, che nel secolo successivo la Commedia e il trattato politico De Monarchia furono portati a esempio di posizioni antipapali, in special modo nel mondo riformato e in ambienti eterodossi. Proprio in questa congiuntura culturale e religiosa l'uso dell'opera dantesca, in particolare del trattato politico, si presenta come decisiva nelle controversie confessionali, quindi anche nel processo di fondazione di una nuova scienza politica in Europa, indipendente dalla religione.
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PAVU1@Università Pavia. Biblioteca di Studi Umanistici