Negli anni Cinquanta, una grande azienda settentrionale deve impiantare uno stabilimento nel cuore del sud e affida a uno psicologo l'incarico di sceglierne il personale. Sottoponendo i candidati a una valutazione psicotecnica, il selezionatore registra nel suo diario l'esito dei colloqui.
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Sa perfettamente che, in un'area depressa del paese, gli spetta il compito difficile di segnare il destino dei candidati: poche famiglie si salveranno e molte altre, invece, prive di una fonte stabile di reddito, continueranno a vivere nella miseria. A mano a mano, perciò, l'uomo solidarizza con gli aspiranti lavoratori, fino a calarsi appieno nel dramma della loro disperazione, quella di chi si aggrappa al miraggio di un posto di lavoro per liberarsi dalla povertà. Nonostante la sensibilità e i buoni propositi, il protagonista sa che l'azienda deve selezionare soltanto chi è adatto al lavoro, nel pieno rispetto del modello capitalistico. Non sembra rassegnarsi a tutto questo Donnarumma, un lavoratore meridionale che non concepisce appieno le trafile burocratiche e i test attitudinali, diffidando della parola scritta, desideroso com'è di fornire manodopera in cambio di una paga. Un desiderio dagli esiti imprevedibili, che si alimenta di dolore e violenza.